Bulgaria, nella tana dei pedofilidi

14 January 2013

Bulgaria, nella tana dei pedofilidi

Fabrizio Gatti

Violentati nell'orfanotrofio.

Fotografati e filmati.

Il racconto choc di tre bambini bulgari adottati in Italia apre una finestra su un orrore nascosto che può contare su molti complici. E i genitori accusano: le nostre denunce sono state ignorate(14 gennaio 2013)Un'immagine scattata in un istituto per minori in BulgariaLe luci nelle finestre dell'orfanotrofio stasera si spengono più tardi del solito. Sono le otto e venti. Qui fuori la mezza luna rischiara l'aria limpida a quindici gradi sotto zero e le sagome delle volpi affamate che si avvicinano in cerca di qualcosa da mordere. E' il momento peggiore. L'ora in cui risuonano i latrati dei cani randagi. E quella in cui D. entra nelle camere dei bambini più piccoli. Succede quasi ogni sera in questo istituto sperduto nelle campagne innevate della Bulgaria.

E se non è D., c'è sempre qualcuno della sua età che vuole fare sesso a quest'ora. Hanno soltanto dodici, tredici anni. Non oltre. Gli altri, le loro vittime, sono cuccioli. Tre anni. Cinque. Sette. Al massimo dieci. Non è nemmeno colpa di D. Lui ripete semplicemente ciò che gli ospiti più grandi gli avevano imposto. E non solo gli ospiti. Alle violenze spesso si unirebbero alcuni dipendenti dell'istituto. Almeno sette uomini e quattro donne. Fanno prostituire i bambini in una discoteca. Scattano fotografie. A volte filmano le aggressioni. Forse rivendono quelle immagini.

Qui, ai confini dell'Unione Europea, tra i latrati e le volpi che ti girano intorno, è un segreto custodito da anni. E sarebbe durato ancora, se tre bambini appena adottati in Italia non avessero avuto il coraggio di rompere il silenzio. Adesso che sono liberi, vogliono salvare gli altri bimbi, quasi sessanta, che tuttora vivono nell'orfanotrofio. E soprattutto curare loro stessi da un'infanzia fin troppo crudele.

E' un resoconto agghiacciante. Sette pagine inviate qualche settimana fa al presidente della Commissione per le adozioni internazionali, il ministro Andrea Riccardi. Nell'esposto i genitori adottivi lamentano la mancata denuncia, una volta conosciuti i fatti, da parte dell'associazione che ha mediato l'adozione, l'Aibi di Milano. Uno dei maggiori enti legalmente riconosciuti: 249 bambini portati in Italia nel 2011, proventi dichiarati per 8 milioni 761 mila euro e un patrimonio di quasi 4 milioni. Il presidente dell'Aibi, Marco Griffini, è stato informato delle violenze con telefonate e email fin dal 12 ottobre.

«Abbiamo subito segnalato la vicenda alla Cai, la Commissione per le adozioni», sostiene Griffini. Quando? «Non ricordo la data», risponde: «Ma è la Cai che deve avvertire l'autorità centrale bulgara. E poi non abbiamo solo questo caso. Gli abusi sui bambini sono molto frequenti». Da quanto risulta a "l'Espresso", però, l'Aibi ha informato la commissione governativa soltanto pochi giorni fa. Molto dopo la prima segnalazione dei genitori adottivi. Un silenzio che ha ritardato di oltre due mesi le indagini su una probabile organizzazione di pedofili.

Sono una quindicina i bimbi cresciuti nello stesso istituto bulgaro e ora adottati in Italia. Ma le loro nuove famiglie non sanno nulla. Un vuoto preoccupante nei controlli che dovrebbero invece accompagnare i percorsi dell'adozione internazionale. E garantire assistenza adeguata ai bambini: perché esperienze così drammatiche, se non vengono trattate, potrebbero condizionare la crescita.

Se questo succede in un Paese come la Bulgaria che fa parte dell'Ue e ha ratificato la convenzione dell'Aia sulla protezione dei minori, si può facilmente immaginare cosa accada altrove. Solo tre figli adottivi, arrivati nel 2012, hanno svelato il segreto ai genitori. Due maschi, di 10 e poco più di 11 anni. E una bimba, che ha poco meno di 9 anni. Un'équipe di psicoterapeuti li ha ascoltati secondo i protocolli adottati dai centri di terapia familiare. Le sedute sono state filmate e i piccoli hanno potuto ricostruire le violenze con l'aiuto di disegni, colori e bambole anatomiche. «I racconti dei minori sembrano del tutto attendibili e liberi da induzioni nella manifestazione dei propri pensieri», conclude il rapporto psicologico allegato all'esposto: «C'è motivo di ritenere che le precoci e ripetute esperienze, fatte quando i bambini erano nell'istituto in Bulgaria, siano divenute in qualche modo comportamenti vissuti oggi come normali o comunque consentiti».

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