I bambini italiani scomparsi in Congo e il ministro ombra Griffini
Undercover
Fabrizio Gatti
19 lug I bambini italiani scomparsi in Congo e il ministro ombra Griffini
Marco Griffini con la moglie-collega Irene Bertuzzi
Marco Griffini con la moglie-collega Irene Bertuzzi
Con la strage di Nizza, l'attacco sul treno in Germania, la paura diffusa di nuovi attentati, è difficile pensare ad altro. Ma in questi stessi giorni un uomo, cattolico fervente (almeno a parole), presidente dell'associazione per le adozioni e la cooperazione internazionale "Aibi" di San Giuliano Milanese, ancora una volta sta cercando di imporre il suo punto di vista al governo. E quindi a tutti noi. Proprio come se fosse lui il ministro ombra della Famiglia e della Solidaretà. Marco Griffini, 69 anni, l'uomo in questione, l'aveva già fatto quattro anni fa: nel 2012 aveva omesso di trasmettere immediatamente alle autorità italiane e bulgare la denuncia dettagliata di alcuni bambini adottati in Italia, che in un orfanotrofio in Bulgaria erano stati violentati da adulti e impiegati per la produzione di video pedopornografici. L'omissione è costata a Griffini nel maggio 2014 una censura da parte dei giudici di un Tribunale per i minorenni italiano per aver «determinato un ritardo negli interventi di tutela». Tutto qui. L'allora Commissione per le adozioni internazionali, nel 2012 guidata da altri nomi incaricati da altri governi, non aveva riscontrato nulla di anomalo nella mancata segnalazione della gang di pedofili: nonostante l'associazione di Griffini sia un ente privato che opera su autorizzazione pubblica di un ufficio della Presidenza del Consiglio. Lo Stato, grazie a funzionari sicuramente non avversi al comportamento omissivo del presidente di Aibi, aveva insomma adottato il punto di vista del ministro ombra Griffini. Tra il disinteresse di schiere di parlamentari e ministri cattolici (e non) che non perdono occasione nel dichiararsi sempre al fianco dei bambini (e spesso anche di Griffini).
L'8 luglio, e ancora la settimana dopo, "l'Espresso" ha raccontato come la stessa associazione di Griffini per le adozioni e la cooperazione internazionale ha operato in Congo. E soprattutto come il ritorno nelle famiglie d'origine di quattro bambini, che non potevano essere adottati perché probabilmente sottratti illecitamente ai loro genitori, sia stato mascherato dagli operatori di Aibi e poi da Marco Griffini in persona come un rapimento da parte di un commando di guerriglieri armati. Una versione falsa che ha disseminato il panico tra le mamme e i papà rimasti "orfani" dei loro figli, già adottati e quindi praticamente cittadini italiani, e tra le famiglie italiane che negli stessi mesi avevano i loro bimbi ancora bloccati nel Paese africano. Bloccati, secondo le denunce, anche per responsabilità di Griffini e di alcuni suoi operatori.
Le domande che ci poniamo sono tre. Perché Griffini non ha segnalato tempestivamente quanto di gravissimo avveniva nell'orfanotrofio in Bulgaria? Perché Griffini non ha ammesso subito che i quattro bambini congolesi erano stati ripresi dai loro familiari, come certifica l'avvocato di Aibi in Congo in una relazione interna? Terza domanda: cosa nasconde davvero il ministro ombra Griffini, tanto da raccogliere intorno a sé il supporto incondizionato di vari parlamentari, di alcuni prelati e delle lobby amiche?
Il modo di agire e reagire di Marco Griffini e il consenso che raccoglie ricorda per certi aspetti Luigi Verzé, l'imprenditore e sacerdote sospeso a divinis, famoso per aver fondato l'ospedale San Raffaele di Milano e per averlo lasciato, alla sua morte nel 2011, in una voragine di debiti. I punti in comune non sono ovviamente le vicende giudiziarie e finanziarie che hanno coinvolto il San Raffaele, ma una sorta di sprezzo della legge, delle regole, del buon senso e della stessa pietà cristiana. Messi in campo sempre e comunque sotto i paramenti della missione e del fervore religiosi.
L'inchiesta di copertina de "l'Espresso"
L'inchiesta di copertina de "l'Espresso"
Da giorni Griffini mi sta insultando per aver scritto su "l'Espresso" l'inchiesta “Ladri di bambini” che lo coinvolge. Secondo quanto pubblicano lui, sua moglie Irene Bertuzzi e un gruppo di loro sostenitori sulle loro pagine Twitter, sarei un burattino manovrato da qualcuno e un ciarlatano. Ciascuno è ovviamente libero di informarsi come vuole. Ma in Italia non tutti gli operatori del settore delle adozioni e della cooperazione internazionale sono come Marco Griffini. Altri enti rispettosi della legalità, in questi stessi giorni di insulti, hanno scritto ai presidenti della Repubblica, del Senato, della Camera e alla Presidenza del Consiglio per chiedere che il governo sostenga gli interventi avviati dalla Commissione per le adozioni internazionali e dal magistrato Silvia Della Monica per isolare e sanzionare chi ha eventualmente violato la legge. Anche perché, dal 9 giugno scorso, presidente dell'autorità di controllo di Palazzo Chigi sulle adozioni non è il ministro ombra Griffini ma la ministra per le Riforme, Maria Elena Boschi. O no?
Gli enti che sostengono l'appello e, in fondo, la loro lettera
Movimento Shalom
Associazione Ariete
Coordinamento Adozione
Anpas
Asa
Fondazione Patrizia Nidoli
Rete Adozioni Pulite
Enzo B
Aiau Onlus
Il Mantello
La lettera
Al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Al Presidente del Senato della Repubblica Piero Grasso
Alla Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini
Al Presidente del Consiglio Matteo Renzi
Con la presente intendiamo esprimere il nostro sdegno e la nostra preoccupazione per i gravissimi fatti accaduti in Congo e descritti nell’articolo a firma di Fabrizio Gatti e pubblicato da L’Espresso sul numero 28 dal titolo “Ladri di Bambini”.
Oggi – grazie al lavoro straordinario di un Giornalista che può davvero fregiarsi di questo appellativo, dopo fiumi d’inchiostro e di parole di pennivendoli e parolai (curiosamente sempre gli stessi per mesi) che hanno partecipato senza vergogna all’operazione di delegittimazione della Commissione per le Adozioni Internazionali e della Presidente Silvia Della Monica – e’ finalmente tutto più chiaro.
Siamo sconvolti dal comprendere finalmente quale guerra ha dovuto combattere la Presidente Silvia Della Monica, in Italia e in RDC, per portare a casa tutti i bimbi adottati in Congo dalle famiglie italiane e per questo, innanzitutto, vogliamo esprimere a lei e a chi con lei ha combattuto questa guerra la nostra solidarietà, la nostra vicinanza, il nostro affetto, la nostra gratitudine.
Allo stesso tempo e con la stessa forza condanniamo l’indecente coro di attori e sostenitori – anche istituzionali, che ci auguriamo davvero ignari della verità – dell’operazione di aggressione, che in questi mesi hanno sottoposto ad un fuoco di fila di strumentali ed ingiustificati attacchi la nostra Autorità centrale e la sua Presidente proprio mentre era impegnata nella delicata (e oggi sappiamo anche quanto pericolosa) azione di risoluzione del “dossier Congo”.
La nostra solidarietà, la nostra vicinanza, il nostro affetto, ed anche la nostra gratitudine, va anche a tutte le famiglie coinvolte, che hanno combattuto e sofferto in silenzio, affidandosi alla Commissione e resistendo, e pensiamo a quelle famiglie che avevano i loro piccoli a Goma, ad un micidiale ricatto emotivo senza mai cedere, scegliendo fino in fondo e ad ogni costo di stare dalla parte della legalità.
Siamo per questo anche straordinariamente vicini alle decine di famiglie che erano in attesa dei loro figli dalla RDC e a quegli enti operanti in tale paese che in questi mesi hanno sempre sostenuto il lavoro della CAI e della Presidente Della Monica.
Questo è il mondo delle adozioni pulite, il mondo degli enti che operano in trasparenza e legalità, che si pongono al fianco dell’Autorità centrale e la rispettano e la sostengono, il mondo delle famiglie che credono e praticano l’adozione come misura di protezione dell’infanzia e che mai vorrebbero un bambino sottratto illegittimamente alla sua famiglia e al suo paese.
A fronte di tutto questo siamo indignati ed esterrefatti di fronte alle reazioni, che abbiamo registrato dopo l’uscita dell’inchiesta, da parte degli attori che si sono resi protagonisti accanto ad AiBi della campagna di sistematica delegittimazione della Commissione – e ci riferiamo a testate giornalistiche, a parlamentari, ad associazioni familiari – tutti ancora una volta appassionatamente uniti nella difesa e nel sostegno delle tesi e della posizione di un associazione privata contro una istituzione pubblica autorevole! Tutti allineati sulla direttiva dettata da AiBi: banalizzare, ridicolizzare, tentare di deviare l’attenzione, far finta di non vedere e naturalmente delegittimare ed infangare.
Non ci sono parole.
Tra questi attori alcuni si sono distinti.
Avvenire, che non ha aspettato un momento per continuare la sua campagna di delegittimazione nei confronti di Silvia Della Monica, neanche il tempo di una riflessione, e che, curiosamente, nel passato non ha trovato il modo di dare spazio alla pubblicazione di una lettera indirizzata al Direttore dal Presidente dell’ente Movimento Shalom critica nei confronti della campagna stampa di tale giornale contro la CAI ed, invece, – meraviglia! – da immediatamente spazio ad una lettera anonima (di un sedicente genitore RDC!?) per avere una ennesima occasione di delegittimazione della CAI e addirittura alzare il tiro fino ad arrivare ad attaccare l’editore dell’Espresso per aver pubblicato l’inchiesta di Fabrizio Gatti!!!
Il CARE – una associazione familiare, che si è contraddistinta in questi mesi per aver sempre appoggiato AIBi, cioè un ente sottoposto a verifica dall’istituzione di cui lo stesso Care ha fatto parte, fino a sottoscrivere insieme documenti di attacco alla CAI – che, al posto di preoccuparsi della sofferenza e degli interessi delle famiglie coinvolte, ha immediatamente – in perfetta linea con la posizione di AIBI – tentato di banalizzare quanto raccontato dall’Espresso, addirittura sbeffeggiando la testata ed ha tentato di infangare le famiglie adottive italiane, provando a travisare il contenuto dell’articolo e tentando di veicolare un falso messaggio certamente non contenuto nel servizio!
Parlamentari, che invece di porsi al fianco della CAI, e cioè di una istituzione pubblica, parlano di caccia alle streghe ed invocano, esattamente come fa l’ente AIBI (che non a caso da immediata ospitalità a tali dichiarazioni sul proprio sito) indagini sull’operato della Commissione!
Tutto questo se non si riferisse ad una vicenda tragica e delicata sarebbe ridicolo.
Per questo chiediamo senso di responsabilità, senso del limite, senso della decenza e rispetto per la sofferenza delle famiglie e dei bambini coinvolti in questa tragica storia e rispetto per l’impegno e il rigore istituzionale della Commissione che per mesi ha lavorato in silenzio nella massima riservatezza sotto una grandine di indecorosi attacchi – che oggi comprendiamo meglio a cosa erano finalizzati – perseguendo un unico interesse, quello della tutela dei diritti dei minori coinvolti.
Per questo vogliamo dire grazie a Silvia Della Monica e a chi ha lavorato al suo fianco, non solo per aver portato a casa, come aveva promesso, tutti i bambini adottati dalle famiglie italiane in Congo e per l’operazione di pulizia nel mondo delle adozioni che ha avviato e che deve poter portare a termine, ma anche per aver dato una lezione di come si lavora nelle e per le istituzioni italiane di cui ci ha reso orgogliosi.
Per questo chiediamo che venga al più presto fatta piazza pulita di coloro che operano sfruttando lo stato di bisogno delle famiglie adottanti al fine di operare nella illegalità facendo piena luce e verità sui fatti descritti da Fabrizio Gatti de l’Espresso, cui va la nostra ammirazione e sincero ringraziamento.
Per questo chiediamo che tutti gli attori istituzionali si pongano sulla corretta posizione di sostenere chi ha intrapreso quest’azione di pulizia.
Per questo chiediamo che la Commissione non venga riunita fino a quando, non solo non vengono rimosse tutte le incompatibilità ai sensi del decreto del presidente del consiglio del 13 marzo 2015 e/o altre che siano state o venissero individuate, ma anche in ragione della necessità’ di garantire la prosecuzione delle indagini senza che ci possa essere inquinamento delle prove o violazione del segreto istruttorio.
Per questo chiediamo al Governo di garantire la prosecuzione di una straordinaria stagione di cambiamento nel campo delle adozioni internazionali che, grazie alla Presidente Silvia Della Monica, ha ridato speranza alle famiglie e agli enti autorizzati che hanno sempre operato nel solco della legalità e che ha finalmente dato lustro alla nostra Autorità Centrale sulla scena internazionale, la stagione delle “Adozioni Pulite”.
Presidente Renzi, dobbiamo dirglielo, non abbiamo capito la revoca delle deleghe a Silvia Della Monica e la nomina del Ministro Boschi a Presidente della CAI. E ancora meno abbiamo capito l’entusiasmo con il quale AiBi ha salutato tale nomina!
Oggi capiamo ancora meno.
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