Adozioni, i “ladri di bambini” non ci sono. L’archiviazione che inchioda l’autorità: “Denunce infondate e abuso di potere”
Adoptions, the "child thieves" are not there. The filing that nails the authority: "groundless complaints and abuse of power"
After 5 years the Milan Court acquits a Milanese non-profit organization from the charge of "buying children" in the Congo. The decree of archiving also shows the role played by a piece of the State in crediting accusations "unfounded" against the sector, already grappling with numbers falling: the Adoption Commission, in the hands of the ex-magistrate Della Monica, would have "crossed their institutional powers ", also committing" abuse of power "
Italians are not "Thieves of children". The crime report was unfounded. A few days ago the Court of Milan issued a decree to dismiss the criminal proceedings against the heads of "Aibi - Amici dei bambini", a body in San Giuliano Milanese active in international adoptions in Congo since 2007. They were investigated in 2017 for alleged serious crimes following a series of complaints lodged with the Public Prosecutor's Office of Rome in 2014 by the then Vice President of the International Adoptions Commission, Silvia Della Monica. The investigation was then transferred to Milan for territorial jurisdiction. The association, according to the original hypothesis of Della Monica, had used the money offered as a donation by the aspiring parents to corrupt the Congolese judicial and police authorities to obtain the issue of "adoptability decrees" of minors, which would have been so "Bought" and removed from the legitimate natural families to then be sent to adoptions in reality not needed.
The international scandal was told in episodes by the weekly L’Espresso, starting from a cover with an alarming title: “Thieves of children. Shock investigation "then awarded as" cover of the year ". Three years after that publication and five from the first accusations, the castle of hypothesized crimes proved - in the words of the investigating magistrate Sofia Fioretta - unfounded on the merits: "There are no concrete procedural elements, not even circumstantial, to hypothesize to support in a judgment that AiBi had "paid" the natural parents as compensation to be able to bring their children to adoption ". So for the other very serious accusations, which ranged from the criminal association to the violation of the rules on adoptions, up to the hypothesis of mistreatment.
The decree of no place to proceed, which we publish in full (DOWNLOAD), is important because, in addition to rehabilitating the defendants and the Milanese body, it raises the adoption sector from a shameful shadow cast for years without a founded reason. On a sector already grappling with dive numbers compared to the past. The decision that archives a long season of poisons gives us a glimpse of the responsibility of a piece of the State, that International Adoption Commission (CAI) that the legislator has placed directly under the umbrella of the Presidency of the Council, so high and delicate is the sphere of rights which had to protect, together with the legality in the adoption procedures. Well, the decree today tells how from that position, instead, a black page was written in which the public authority "went beyond its institutional powers and committed an abuse of power". Thus writes the magistrate on page 22 of the decree.
In December 2014, when she massively revoked the mandates of the association on the basis of suspicion. to that of Kinshasa, without the authorization of the Congolese judicial authority and indeed "in defiance of an order of the competent judge". The Done.it had told the furious reaction of the president of the Court of Goma: five years later, it is a judge to stigmatize that conduct.
The decree also says more. The authority of the authority that had denounced the body without having revoked or suspended it, not even recalled, although the power of the alleged offense. If the accusations made had had foundation. Judge Fioretta notes that even the administrative verification opened in 2014 was not followed. Thus, the magistrate is forced to widen his arms and note that "the circumstance to evidence cannot put to a light .
It must be said, the anomaly of the conduits of the ex-magistrate Della Monica is not an absolute novelty. Two years ago the Fatto.it had given an account of the papers of a real trial, the one that has been celebrating for some time in Savona against the holders of the Airone institution for fraud on adoptions in Kyrgyzstan, from which emerged the interventionism to the limit of the lawful of the former magistrate who advised the suspects "not to use a mobile phone", he made "dangerous documents" disappear from his office in the middle of the night, he used couples as counterparts to criticism and former party colleagues to condition the wind of politics in favor of his reconfirmation at the head of authority. Only then did the current government, chaired by Paolo Gentiloni, appoint the minor judge Laura Laera, who since then has worked to rebuild the compromised trust between institutions, families and institutions. As well as the image and reputation of the controlling authority.
Italian:
Adozioni, i “ladri di bambini” non ci sono. L’archiviazione che inchioda l’autorità: “Denunce infondate e abuso di potere”
Dopo 5 anni il Tribunale di Milano proscioglie una onlus milanese dall'accusa di "comprare i bambini" in Congo. Nel decreto di archiviazione emerge anche il ruolo esercitato da un pezzo dello Stato nell’accreditare accuse "infondate" ai danni del settore, già alle prese con numeri in picchiata: la Commissione Adozioni, nelle mani dell'ex magistrato Della Monica, avrebbe "travalicato i propri poteri istituzionali", commettendo anche "abuso di potere”
Gli italiani non sono “Ladri di bambini”. La notizia di reato era infondata. Pochi giorni fa il Tribunale di Milano ha emesso un decreto di archiviazione del procedimento penale a carico dei vertici di “Aibi – Amici dei bambini”, ente di San Giuliano Milanese attivo nelle adozioni internazionali in Congo dal 2007. Erano stati indagati nel 2017 per presunti gravi reati a seguito di una serie di esposti depositati alla Procura di Roma a partire dal 2014 dall’allora vicepresidente della Commissione Adozioni Internazionali, Silvia Della Monica. L’indagine era stata poi trasferita a Milano per competenza territoriale. L’associazione, secondo l’ipotesi originaria di Della Monica, aveva utilizzato il denaro offerto come donazione dagli aspiranti genitori per corrompere le autorità giudiziarie e di polizia congolesi per carpire l’emissione di “decreti di adottabilità” di minori, che sarebbero stati così “comprati” e sottratti alle legittime famiglie naturali per essere poi avviati ad adozioni in realtà non necessitate.
Lo scandalo internazionale è stato raccontato a puntate dal settimanale L’Espresso, a partire da una copertina dal titolo allarmante: “Ladri di bambini. Inchiesta choc” poi premiata come “copertina dell’anno”. A distanza di tre anni da quella pubblicazione e cinque dalle prime accuse, il castello di reati ipotizzati si è rivelato – per dirla con le parole del gip Sofia Fioretta – infondato nel merito: “Non sussistono concreti elementi processuali, nemmeno indiziari, per ipotizzare o sostenere in un giudizio che AiBi avesse “pagato” i genitori naturali come corrispettivo per potere avvivare all’adozione i loro figli”. Così per gli altri gravissimi capi d’accusa, che andavano dall’associazione a delinquere alla violazione delle norme sulle adozioni, fino all’ipotesi di maltrattamenti.
Il decreto di non luogo a procedere, che pubblichiamo per intero (SCARICA), è importante perché, oltre a riabilitare gli imputati e l’ente milanese, solleva il settore delle adozioni da un’ombra infamante fatta calare per anni senza una ragione fondata. Su un settore già alle prese con numeri in picchiata rispetto al passato. La decisione che archivia una lunga stagione di veleni lascia intravedere la responsabilità di un pezzo dello Stato, quella Commissione Adozioni Internazionali (CAI) che il legislatore ha posto direttamente sotto l’ombrello della Presidenza del Consiglio, tanto alta e delicata è la sfera di diritti che doveva tutelare, insieme alla legalità nelle procedure di adozione. Ebbene, il decreto racconta oggi come proprio da quella posizione, invece, sia stata scritta una pagina nera nella quale l’autorità pubblica “ha travalicato i propri poteri istituzionali e commesso un abuso di potere”. Così scrive il Gip a pagina 22 del decreto.
Nello specifico, il giudizio è riferito alle decisioni assunte da Silvia Della Monica a dicembre 2014, quando revocò in massa i mandati all’associazione sulla base dei sospetti mossi da alcune coppie e dispose il trasferimento nottetempo dei minori dall’orfanotrofio di Goma a quello di Kinshasa, senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria congolese e anzi “in spregio a un’ordinanza del giudice competente”. Il Fatto.it aveva raccontato la furiosa reazione del presidente del Tribunale di Goma: a distanza di cinque anni, è un giudice a stigmatizzare quella condotta.
Il decreto dice anche altro. Contesta l’incongruenza della autorità che aveva denunciato l’ente senza però averlo mai revocato o sospeso, neppure richiamato, pur avendone il potere e anche il dovere, per impedire la reiterazione dei presunti reati. Qualora le accuse mosse avessero avuto un qualche fondamento. Il giudice Fioretta rileva come neppure la verifica amministrativa aperta nel 2014 abbia avuto seguito. Così, il Gip è costretto ad allargare le braccia e constatare che “tale circostanza all’evidenza non può non porre in una luce di non completa attendibilità le plurime e articolate segnalazioni dalla stessa effettuate circa la opacità e le rilevanti irregolarità riscontrate dell’ente Aibi”.
L’anomalia delle condotte dell’ex magistrato Della Monica, va detto, non è una novità assoluta. Due anni fa il Fatto.it aveva dato conto delle carte di un vero processo, quello che si va celebrando da tempo a Savona contro i titolari dell’ente Airone per truffa sulle adozioni in Kirghizistan, da cui emergeva l‘interventismo al limite del lecito dell’ex magistrato che avvisava gli indagati di “non usare il cellulare”, faceva sparire dal suo ufficio “documenti pericolosi” nel cuore della notte, usava le coppie come contraltare alle critiche e gli ex colleghi di partito per condizionare il vento della politica a favore della propria riconferma a capo dell’autorità. Solo allora il governo in carica, presieduto da Paolo Gentiloni, nominò il giudice minorile Laura Laera che da allora ha lavorato per ricostruire la fiducia compromessa tra istituzioni, famiglie, enti. Nonché l’immagine e la reputazione dell’autorità di controllo.
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